Cenni storici sul Kenya

La presenza dell’uomo in Kenya - come in tutto l’est africano - risale al primo Paleolitico, come testimoniano i reperti. E’ difficile però dire a quale popolazione negroide appartenessero i primi abitanti: probabilmente appartenevano a una primissima razza boscimane. Nacquero poi i primi villaggi e una società via via più elaborata africana.

I popoli antichi come i Fenici, gli Assiri e i Greci approdarono successivamente sulle coste del paese, seguiti poi da arabi e indiani. Gli Arabi vi stabilirono colonie, a partire dal VII secolo d.c.. e, alla fine del X secolo d.C., fondarono Lamu, Malindi, Mombasa: centri che si andavano abbellendo con le ricchezze ammassate mediante il commercio degli schiavi (che continuò per secoli), ma anche con quelle dei prodotti scambiati: oro, avorio, pelli, cotone, riso, …Mombasa divenne un grande porto, scalo dei commerci con l’India e la Cina.


Una data storica per l’odierno Kenya è il 1498 quando la spedizione di Vasco de Gama, diretta alle Indie orientali, arriva ai porti di Mombasa e di Malindi. Ma i commercianti arabi erano provetti navigatori che avevano assunto il controllo dei traffici dell’Oceano Indiano, perciò contrastarono la dominazione stabilita dai portoghesi, divenuti ben presto loro rivali nel commercio con le tribù indigene. Infine gli Arabi riuscirono a cacciare definitivamente i Portoghesi nel 1698 da tutte le città costiere, eccetto Mombasa che rimase per un altro secolo in mano ai portoghesi. Gli Arabi governarono con una certa indipendenza finchè la zona costiera passò sotto il governo del sultano di Zanzibar (1832).


Inghilterra e Francia avevano assunto il dominio dei mari e, per una sorta di equilibrio, si impegnarono a rispettare l’indipendenza del sultanato. Intanto diventavano sempre più numerose le esplorazioni della terraferma da parte di esploratori e di missionari, sia tedeschi che inglesi che giunsero – nel 1890 - a spartirsi l’entroterra e la zona costiera, esautorando quasi completamente il sultano di Zanzibar: il Tanganica ai tedeschi, il Kenya agli inglesi. Così nacque il protettorato dell’Africa Orientale britannica. Alcune aree furono riservate agli indigeni (le “riserve”), mentre le zone migliori degli altipiani (gli altipiani “bianchi”) furono assegnate esclusivamente agli europei che affluirono sia dall’Inghilterra che dal Sudafrica, scacciando le popolazioni tribali, confiscando il loro bestiame e sfruttando la loro mano d’opera.


Durante le due guerre mondiali, gli africani furono costretti a seguire i loro padroni e a combattere, con molte perdite umane da parte loro, ricevendo come ricompensa un rinnovato inasprimento della loro già misera condizione.
Dopo la seconda guerra mondiale, venne nominato un organismo internazionale “Alta Commissione per l’Africa Orientale”, con il compito di avviare un rapido sviluppo costituzionale, imperniato sul graduale inserimento delle popolazioni locali nei posti governativi lasciati liberi, in Kenya come negli stati limitrofi.


Le speranze inglesi di una pacifica evoluzione verso l’autogoverno furono deluse dalla ribellione dei Mau-Mau. Era un movimento organizzato tra i Kikuyu e altre tribù, uniti dal malcontento e dall’esasperazione della loro situazione. Chiedevano di ritornare proprietari delle loro terre negli altipiani e scatenarono la guerriglia contro i bianchi europei per scacciarli. Dal 1952 al 1955 seminarono il terrore all’interno del Kenya. In Europa vennero presentati come feroci cannibali; in realtà era il primo movimento nazionalista nella storia del Kenya e mirava ad appropriarsi dei propri territori e all’indipendenza.


Seguì la dura repressione britannica, con decine di africani uccisi. In queste vicende assunse rilievo e autorevolezza la figura di Jomo Kenyatta, leader indipendentista, che subì una lunga e ingiusta prigionia.
Al termine della sanguinosa rivolta, il governo inglese fu il principale promotore della formazione di un governo locale in mano agli africani. Rimaneva lo zoccolo duro dei coloni bianchi intransigenti e promotori di un governo poliziesco. Ma furono costretti a cedere spazio alla nuova classe politica nera. Il governo inglese intervenne con un piano finanziario per acquistare le terre dai coloni bianchi e cederle alle tribù disposte a collaborare.
Il processo verso l’indipendenza giunse a compimento nel 1963, quando il Kenya divenne uno stato indipendente di tipo federale. Jomo Kenyatta venne finalmente scarcerato e divenne il Primo Ministro della nuova Repubblica.